Dopo molto e molto tempo che un uomo (o una donna) ha imparato a seguire il “desiderio profondo” e si sente pienamente appagato interiormente, può vedere trasformarsi man mano i desideri in “aspirazioni”.
Quella persona comincia allora a chiedersi cos’altro c’è oltre all’appagamento sensoriale.
Oppure nel frattempo, quella persona, può aver scoperto un’altra “forma” di piacere, quella di accettare ciò che la vita già gli offre gratuitamente: una brezza estiva, un fiore che sboccia, gustare un frutto che la natura gli ha donato o la telefonata di un amico che veramente tiene a lui, possono già rappresentare un traguardo superiore.
Vivere un momento di “rinuncia” e gustarsi il solo piacere di esistere o accettare in modo grato ciò che la vita ci offre può essere mille volte più appagante che trascorrere una vacanza a Capri.
Questi due modi di vivere: gustare la gioia del Sé e gustare le gioie della vita, pur essendo apparentemente opposte l’una all’altra, non necessariamente si escludono a vicenda.
Se siamo su questa Terra perché non godersela? Ma che sia un vero godimento e, soprattutto, che “non generi attaccamento”; ecco il fulcro della questione.
Dice Krishna nella Bhagavad-gita: “Senza desiderio (nato dalla mente), padrone della mente e del proprio io, avendo abbandonato ogni bramosia, senza commettere errore, egli compie l’azione solo in relazione al proprio corpo”.
Quindi il corpo non deve essere mortificato, non vi deve essere una rinuncia sensoriale, ma solo una rinuncia all’immaginazione mentale perché, come abbiamo già detto, la mente non ne sa proprio nulla di ciò che l’Essere vuole veramente.
L’AZIONE DOVREBBE PORTARE APPAGAMENTO, CONOSCENZA E LIBERTA’.
Dice sempre Krishna: “Appagato da ciò che gli sopravviene in modo occasionale, libero dalle paia di opposti, senza invidia, equanime nel successo e nell’insuccesso quantunque agisca non rimane vincolato ai frutti dell’azione” (Karma).
I veri “nemici” sono dunque i falsi desideri (quelli condizionati dall’esterno), la bramosia e l’attaccamento (dai quali nasce la frustrazione e l’invidia verso gli altri).
Ecco un modo semplice per far diventare qualunque posto in cui viviamo un “Paradiso terrestre”.
Concludiamo riportando un antico testo medievale taoista, sul quale vale la pena di meditare e meditare….ed imparare a mettere in pratica se vogliamo essere veramente felici.
Allenare il corpo
senza essere oppressi dal corpo,
esercitare la mente
senza essere usati dalla mente,
agire nel mondo
senza essere preda del mondo,
eseguire i compiti
senza essere ostacolati dai compiti,
questa è l’azione efficace.