La vita è in perenne trasformazione, anche il nostro corpo, le idee, il carattere.
Tutto in noi si trasforma continuamente, e in queste trasformazioni noi non siamo causanti, ma causati. In parole povere non siamo noi a decidere le direttive di queste trasformazioni, non siamo noi a guidarle nella direzione voluta ma, agendo di riflesso a stimoli esterni (le mode che cambiano, le belle pubblicità, ecc.) veniamo continuamente trasformati in qualcosa che è lontano anni luce da ciò che avremmo voluto essere.
FARE UN INVENTARIO DELLE NOSTRE CARATTERISTICHE ATTUALI
Lo Yoga è uno strumento potentissimo che aiuta a prendere coscienza dei meccanismi di trasformazione involontaria e, allo stesso tempo, ci aiuta a ri-direzionare i cambiamenti nella direzione decisa da noi.
Non è cosa facile, sicuramente, occorre prima prendere coscienza di ciò che costituisce la totalità di noi stessi, ciò di cui siamo attualmente coscienti, ciò che pensiamo di essere allo stato attuale. La nostra condizione presente è un miscuglio di emozioni, comportamenti, pensieri, abitudini, credenze, non decisi da noi ma frutto di imitazioni o di influenze esterne, il più delle volte dovuti al caso.
Per caso incontriamo qualcuno più carismatico di noi, ne veniamo influenzati, ci coloriamo delle sue qualità, ci identifichiamo in esse e, inconsciamente, le imitiamo. In seguito saremmo pronti ad andare in guerra per sostenere le “nostre” opinioni, che poi tanto nostre non sono.
Perciò il primo passo da fare è prendere coscienza della nostra situazione attuale, quella reale (anche se illusoria perché non ci rappresenta veramente).
Quindi occorre cercare di vedere chiaramente quali caratteristiche ci appartengono veramente e quali ci sono estranee. A questo fine è bene fare un inventario dei nostri gusti, idee, comportamenti, emozioni. Dovremmo sforzarci di vedere chiaramente cosa causa in noi una certa emozione o certi pensieri, e comprendere perciò quanto i nostri comportamenti siano solo azioni di riflesso.
IMPARARE A SENTIRE
Dopo aver preso coscienza della presenza in noi di “qualcosa” di estraneo occorre ristrutturarsi; ma come si fa? Come si fa a sapere cosa ci piace, cosa ci rappresenta veramente se, per tutta la vita, ci siamo identificati in qualcos’altro?
Non è una scelta che può venire dalla ragione, dal pensiero, perché il pensiero allo stato attuale è anch’esso condizionato, identificato, composto da frammenti spesso in contraddizione tra loro. A questo punto è indispensabile risvegliare la nostra capacità di “sentire”, cioè di ascoltare la nostra voce interiore, quella delle emozioni più profonde.
Certamente non è facile distinguerle tra le tante emozioni di “riflesso”, quelle che ci siamo abituati a provare perché il nostro pensiero ci diceva che erano le migliori.
Occorre quindi rieducarsi a provare vere emozioni, quelle che giungono da una parte più vicina al nostro essere.
Si può riconoscerle dal fatto che, quando si provano, ci si sente più leggeri, più sollevati; ci si sente bene. Sentirsi bene, senza un sottofondo di amarezza, è senz’altro un segnale che stiamo provando delle autentiche emozioni.
Al contrario, quando proviamo delle forti sensazioni che ci rendono euforici, o ci procurano un piacere solo sensoriale, spesso ci ritroviamo più appesantiti di prima, vuoti, depressi.
Quando si vive un simile stato di vuoto, di insoddisfazione, si pensa di poterne uscire fuori buttandosi ancor di più nella soddisfazione sensoriale; ma così si cade in un vortice che ci risucchia facendoci perdere di vista il vero benessere, quello naturale, connaturato al nostro “io” più profondo.
Molte emozioni “piacevoli” sembrano tali perché il cervello le classifica come tali, ma è solo un’illusione della mente, come le ingannevoli emozioni dovute all’uso di sostanze stupefacenti, alla fine ci si ritrova svuotati, inappagati.
Mentre le vere emozioni ci lasciano un senso di soddisfazione e di pienezza anche quando il loro “effetto” è terminato.