Home / Mente / L’Unità del Tao

L’Unità del Tao

 

Tutto ciò che esiste è retto da due Princìpi contrapposti ma allo stesso tempo complementari, lo Yin e lo Yang, che vanno studiati attentamente dal praticante di Tai chi.

L’Unità del Tao, nella manifestazione materiale, si esprime nella polarità Yin Yang. Tai chi è la Grande polarità, soprattutto tra vuoto e pieno.

Il praticante di Tai chi, dovrebbe imparare a muoversi consapevolmente tra gli aspetti duali dell’esistenza, ricordandosene sempre, e non limitarsi ad essere presente e attento solo nella sala di pratica.

CONOSCERE GLI OPPOSTI PER MUOVERSI CON SCIOLTEZZA

Praticare Tai chi è come cavalcare le onde dell’Oceano dell’esistenza.
Il Tai chi non è solo un’arte marziale o un sistema per stare in buona salute, c’è dell’altro; questa Antica Via ci insegna come sintonizzarci alla danza degli opposti.

Chi non conosce le forze della natura ne può rimanere schiacciato, facendosi travolgere dagli eventi; chi invece le conosce, vi può danzare sopra e giocarci, come fanno i bravi surfisti con le onde dell’oceano.
Certamente questa padronanza non può essere ottenuta da un giorno all’altro e, per molto tempo, può risultare difficilissimo già solo capire a livello teorico cosa diavolo siano lo Yin e lo Yang, figuriamoci vederne gli effetti nelle mille manifestazioni della vita quotidiana o, cosa ancora più difficile, sintonizzare ad essi le nostre azioni.
Potrebbero occorrere anni di studio Taoista e di pratica del Tai chi per cominciare a penetrare i misteri del Tao, ma per l’uomo o la donna tenaci, pazienti e desiderosi di calcare questa antica e affascinante Via, un bel giorno il miracolo succede.

OLTRE LA NEBBIA DELL’IGNORANZA

Ad un certo punto, gli sforzi di colui o colei che pratica il Tai chi per “meglio fluire nell’esistenza” vengono premiati.

Avviene tutto all’improvviso. E’ come quando si dirada la nebbia: si comincia a vedere più chiaramente le cose che ci circondano e si sa come muoversi tra gli eventi.

Dove prima si vedevano solo ombre e ci si muoveva a tentoni (casomai andando a sbattere il muso), finalmente la visione si schiarisce e i nostri gesti possono finalmente essere “naturalmente” fluidi e sciolti. Niente più “muro contro muro”, forza contro forza, urlo contro urlo e cose di questo genere.

A quel punto, è come se fosse nato un uomo nuovo, molto più leggero, silenzioso, fluido, comprensivo.

Un uomo che sposta talmente poca aria quando cammina, che forse neanche i sensori degli antifurti sarebbero in grado di rilevarne la presenza.
Eppure chi impara a gestire la Forza, all’occorrenza può diventare pesante, quasi granitico, o spostare l’aria come un tornado: questione di focalizzazione mentale.

Limitare lo studio del Tai chi solo ai momenti in cui si è nella sala di pratica, pensando che la vita “fuori” sia un’altra cosa, è un po’ come praticare surf in piscina pensando di essere diventati bravi a stare in equilibrio sulla tavola.

Ma finché non ci avventuriamo nel mare, dove vi sono onde alte tre metri, non sapremo mai se abbiamo veramente imparato a stare in equilibrio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *