…fissando la mente su un unico punto, dominando la sostanza mentale e i sensi, ci si dedichi allo Yoga per la propria purificazione.
Bhagavad-gita cap.6, verso12
Lo yogi che si tiene armonizzato, con la mente dominata, consegue la pace e il nirvana che sono in Me.
B.g. 6, 15
Negli Yoga sutra è detto che l’attenzione è la localizzazione della mente.
La mente, per natura irrequieta perché continuamente stimolata dalle percezioni sensoriali, dai pensieri e dall’immaginazione, non trova mai pace.
Ma grazie alla pratica delle asana e del pranayama si stabilisce una maggiore calma mentale: quello è il momento per iniziare pratiche più “interiorizzanti”.
I più esperti, invece, possono dedicarsi direttamente a tecniche di concentrazione che possono essere l’osservazione: del respiro, di un punto interno al proprio corpo (il centro energetico alcune dita sotto l’ombelico, quello del cuore, al centro delle sopracciglia, ecc.), una rappresentazione mentale di una forma geometrica (mandala), l’osservazione esterna di un oggetto o di una forma geometrica, ed altre ancora.
E’ molto importante comprendere quali pratiche siano più adatte al nostro livello (anche per questo vi è la insostituibile necessità di una guida esperta), perché vi è un tempo per dare maggior enfasi all’azione (asana e pranayama) ed un tempo per andare più in profondità: “Per il saggio che aspira allo Yoga, l’azione è considerata il “giusto mezzo”, ma per colui che si è già elevato allo Yoga il giusto mezzo è la pace mentale. B.g. 6, 3”.
LA FOCALIZZAZIONE MENTALE
Dharana è la capacità di mettere a “fuoco” un oggetto (interno o esterno, concreto o astratto) per tutto il tempo che vogliamo; questo esige una padronanza assoluta sullo “strumento” mentale.
La volontà dell’adepto, già forgiata con la pratica delle asana, unitamente alla capacità di resistere ai disturbi esterni o interni, in Dharana viene indirizzata alla fermezza totale della mente che, proprio come una lente di ingrandimento, mette a fuoco il soggetto prescelto per tutto il tempo necessario al fine di sperimentare un “principio”, una qualità.
Questo è un punto fondamentale della concentrazione mentale: “Rimanere concentrati a lungo, fino ad immedesimarsi con l’oggetto prescelto”. In questa fase si dovrebbe imparare a fondersi totalmente con qualunque oggetto, fino a conoscerlo “intimamente” e direttamente.
PORTARE L’ACQUA IN EBOLLIZIONE
Lo Yoga ci porta e realizzare dei Princìpi, ma per ottenere questa conquista è necessaria la capacità di rimanere concentrati fino al “momento giusto”.
Ma qual è il momento giusto? Per quanto tempo si deve rimanere in una asana o concentrati su un mandala, un mantra o un puntino di luce? Finché non si diventa esperti è l’insegnante a consigliare i tempi giusti per le tecniche consigliate; non si può “fare da sé” in questo campo.
Ma, una volta che l’insegnante ci ha dato dei tempi, è bene sforzarci con tutto noi stessi nel portare fino in fondo la pratica, altrimenti non realizzeremo mai il Princìpio che l’istruttore vuol farci “toccare”. Se l’istruttore ci dice di tenere una posizione, di fare una tecnica di pranayama o di concentrazione per mezz’ora e noi non lo facciamo, non arriveremo mai a sperimentare la condizione energetica e psichica collegata alla tecnica.
Questo processo è paragonabile alla trasformazione dell’acqua in vapore: se non si attende che l’acqua arrivi a cento gradi non vedremo mai l’acqua bollire, anche interrompendo solo “poco prima” del tempo previsto.
Così, solo portando fino in fondo la tecnica consigliata dall’insegnante è possibile sperimentare il “fine” di quella tecnica, non interrompendola prima.
Se non ci impegniamo seriamente non sperimenteremo quello che lo Yoga ha da offrirci; in quel caso non è la pratica che non funziona, non è l’insegnante che non funziona, semplicemente siamo stati noi a non portare l’acqua a cento gradi, perciò niente “trasformazione”.