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Pensiero di Sri Aurobindo

 

Per Aurobindo esiste un’Unica Natura, un Unico mondo, un’Unica Materia, ma finché continueremo a credere il contrario non combineremo un bel niente.

L’unità di tutto ciò che esiste è il fine di cui prendere coscienza e al quale armonizzarsi, mentre la disarmonia e l’illusione della separazione nate dall’ignoranza, sono il vero male del mondo.
Ma non possiamo cambiare niente fuori di noi se prima non guariamo noi stessi, non possiamo trasformare il mondo esteriore se prima non trasformiamo quello interiore liberandolo dall’immobilismo dell’ignoranza e dell’impotenza.

Presupposto fondamentale per intraprendere un autentico cammino alla ricerca della Verità è innanzitutto aver compreso, anche solo per un attimo, che viviamo all’interno di una prigione mentale fatta di parole, concetti, opinioni, dogmi, idee fisse che ci impediscono di guardare alla vita e a noi stessi con occhi limpidi e trasparenti.

Questa presa di coscienza deve necessariamente produrre in noi uno stato di insofferenza nei confronti della schiavitù dei vecchi contenuti mentali, i soli che ci impediscono di vedere l’eterna freschezza dell’esistenza, tenendoci rinchiusi in vecchi modelli comportamentali.

Ecco allora la necessità di stabilire il “silenzio mentale”, quello stato in cui le vecchia mente chiacchierona e calcolatrice tace, consentendo alla “Forza universale” di fluire in noi. Allora Essa, scendendo dall’alto, come una cascata di pura energia, pervade tutto il nostro essere rinnovandolo continuamente e nutrendolo di sempre nuova forza, intelligenza e amore.

Questo è il “sopramentale”, quella dimensione più vera, viva, forte, che è pura intelligenza; quella Forza Divina che da sempre nutre i nostri involucri inferiori, ma che solo le barriere dei concetti mentali ci impediscono di percepire e di abbandonarvisi fiduciosi. La capacità di sapersi abbandonare a Ciò che viene dall’Alto, quindi, diventa un’altra condizione indispensabile per chi è assetato di Verità, di bellezza, di Eternità, di vera pace.

Ma, anche quando si sperimentano simili stati di beatitudine, di solito durano poco; presto il lavorio meccanico della mente riparte, si viene di nuovo sviati dai pensieri, dalle preoccupazioni, dai dubbi: di nuovo si cade nei vecchi modelli concettuali e comportamentali.

Ecco quindi la necessità di imparare l’arte della Concentrazione (Dharana), della focalizzazione della consapevolezza, dell’attenzione prolungata su quelli che sono i “punti chiave” che andiamo via via scoprendo nella nostra ricerca del Divino.

La concentrazione, proprio come un muscolo, va fortificata, allenata alla resistenza; solo resistendo concentrati su una condizione di silenzio, di pace, di abbandono, si può sperimentare sempre più in profondità gli effetti della “discesa della Forza” in ogni cellula del nostro essere.

Questo stato di concentrazione della consapevolezza deve essere costante durante la giornata, qualunque sia l’attività che svolgiamo; non può essere “recintato” solo nei momenti di pratica. Da qui l’importanza del “ricordo di sé”, dei propri propositi, obbiettivi, aspirazioni; la capacità di non farsi travolgere continuamente dalle “onde” degli eventi esterni.

Lo Yoga, visto in questi termini, è quindi una esperienza viva, vibrante, che trasforma ogni cellula del nostro essere, perché: “il valore di una esperienza si misura dal suo potere di cambiare la vita, se no è soltanto un sogno vano o una allucinazione”.

Per una sintesi del pensiero di Sri Aurobindo:
Sri Aurobindo, l’avventura della coscienza; Satprem; Edizioni Mediterranee.

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