Non so quanti praticanti di Tai chi si siano mai chiesti perché la sequenza di movimenti della loro disciplina si chiami “Forma”.
La parola Forma deriva dal vocabolo greco Morphe, e il suo significato letterale è: “Aspetto in cui si presenta la materia”. La forma, quindi, è un aspetto, una sembianza che la materia assume a partire dal “vuoto apparente” per poi tornare a dissolversi in esso.
A questo proposito è utile ricordare che la prima e l’ultima posizione del Tai chi è quella del Wu chi, del Vuoto. La Forma nasce dal vuoto, è sostanziata di vuoto e materia, e torna a dissolversi nel vuoto; questo, credo, sia il significato profondo della pratica del Tai chi: sperimentare la Vacuità, l’inconsistenza di tutte le forme.
E’ utile notare che il Tai chi è una pratica taoista e che, l’obbiettivo dei taoisti era comprendere la natura autentica della Manifestazione al fine di “armonizzarsi” con essa.
Il tai chi, quindi, non solo come pratica marziale, ma anche e soprattutto come Via di ricerca della Verità insita in tutte le cose, al fine di ottenere l’Illuminazione.
Mi perdonino ora, i cultori di Tai chi, per la “contaminazione” buddhista, ma chi scrive è convinto che tutte le antiche Vie di Ricerca, pur parlando linguaggi differenti, raccontassero una sola Verità.
Mi sembra di intravedere un interessante parallelismo tra le affermazioni del Sutra del Cuore della saggezza (Prajnaparamitahridayasutra) e quelle del Tao the ching.
Nel Sutra del Cuore, il Nobile Avalokiteshvara afferma: ”…la forma è vuoto, il vuoto è forma…tutti i fenomeni sono vacuità e sono privi di particolari caratteristiche; non sono prodotti e non cessano…”.
Mentre nel Tao the ching leggiamo: “Il Tao è un recipiente vuoto, ma il suo uso è inesauribile; pur essendo un abisso senza fondo sembra essere l’antenato delle innumerevoli creature…la natura del Tao è senza forma e inafferrabile…eppure contiene le cose e l’essenza della vita…”.
Questi concetti sono i più elevati, sia del Buddhismo che del Taoismo, ma per chi non pratica resteranno sempre, solo, concetti. Ma resteranno tali anche per chi pratica con l’atteggiamento sbagliato, cercando una cosa anziché un’altra; perché si trova solo quello che si cerca. Chi pratica Tai chi per dimostrare la sua bravura non sta praticando Tai chi, ma un’altra cosa.
ATTENZIONE A NON PERDERSI NEL VUOTO
Un altro rischio del praticante di Tai chi è quello di “perdersi” nel vuoto, e credere che tutto sia vuoto; ma non si può scindere il vuoto dalla sostanza, se togliamo il vuoto all’atomo non sarà più un atomo.
Quindi mai diventare completamente leggeri; ci deve sempre essere una parte sostanziale in ogni movimento della Forma; Yin e Yang devono coesistere armoniosamente, una parte piena una parte vuota.
Il termine sostanza è collegato al verbo sostare (star fermo, star saldo, sottostare), perché la sostanza è l’essenza, la materia, che ha le suddette caratteristiche di solidità.
E poiché la materia sta sotto ed il cielo sopra, nella pratica del Tai chi la parte inferiore deve sempre essere più pesante di quella superiore, così come la parte che “regge” la spinta (il piede posteriore).
Ben venga il Tai chi come pratica marziale, dunque, ma anche come Meditazione in movimento, al fine di realizzare la vera natura della Manifestazione e trovare il giusto modo di “fluire” con l’esistenza, senza galleggiare e senza impantanarsi nel fango degli attaccamenti.