A chi non è capitato almeno una volta nella vita di guardare una persona che si conosce da tanto tempo, come se fosse la prima volta che la vedevamo, quasi fosse un estraneo?
Se non abbiamo sperimentato in modo forte e diretto, almeno una volta nella vita, che ciò che vediamo e ascoltiamo non è una percezione diretta della realtà, ma una sua immagine distorta dai nostri filtri mentali, non possiamo capire l’immenso beneficio che la Meditazione ci può donare: quello di vedere le cose per quello che sono, senza filtri mentali.
IL PRE-CONCETTO
Normalmente si pensa al preconcetto solo nei casi più eclatanti, più evidenti, come nel caso del razzismo quando, avendo già un’idea del “diverso” che abbiamo di fronte reagiamo “avendo deciso a priori” la nostra linea di condotta.
Così, se vediamo di buon occhio il diverso (perché per un qualche motivo siamo attratti dal suo colore di pelle o dalle vicissitudini della sua nazione) ci sentiamo subito pronti a sposare la sua causa, senza neanche sapere chi abbiamo di fronte.
Se il diverso ha le trecce alla Bob Marley, è Giamaicano, dalla pelle color cioccolata e fuma l’erba, allora è mio amico, mi sento in empatia con lui. Ma questa presunta “empatia” è solo dovuta ad un pre-concetto positivo che mi sono fatto sui Giamaicani con le trecce che fumano maryiuana.
Se il mio pre-concetto fosse stato al negativo, avrei subito evitato un tipo del genere. Ma in realtà, sia in un caso che nell’altro, io non so proprio nulla di quella persona se non quel poco che voglio vedere, a seconda che ne abbia “in anticipo” un opinione favorevole o sfavorevole.
Quello appena citato è solo un caso tra miliardi di altri esempi.
IL FILTRO DELLA MENTE
Tutto ciò che i nostri sensi percepiscono viene registrato nella memoria, sia che ne siamo consapevoli e meno. Per esempio, se dieci anni fa abbiamo fatto un viaggio in un lontano paese esotico dove abbiamo sentito dei profumi nuovi, se ci tornassimo oggi riconosceremmo subito quei profumi, anche se in questi dieci anni non li abbiamo più sentiti.
Ora proviamo ad immaginare quante parole, suoni, profumi, sensazioni tattili, sapori e colori abbiamo visto da quando siamo nati sino ad oggi: una quantità immensa, eppure tutto è conservato nella nostra memoria subconscia.
Ogni esperienza sensoriale suscita in noi una risposta di attrazione o di repulsione, dopodiché l’esperienza viene catalogata come positiva o negativa.
Questo lavoro di suddivisione e catalogazione in positivo e negativo viene fatto dalla mente “automaticamente”, il più delle volte senza che ne siamo direttamente coscienti.
La mente, in base alle nostre tendenze innate, filtra tutte le esperienze sensoriali catalogandole subito come buone o cattive, gradevoli o sgradevoli, e via dicendo. E questo lavoro della mente parte da subito, sin dalla nascita. Osserviamo i bimbi di pochi mesi, essi mettono tutto in bocca perché così, attraverso il senso del gusto, cominciano a familiarizzare con gli oggetti esterni e capire cosa gli piace e cosa no.
Questo stesso lavoro è stato preceduto dall’udito, il nostro senso più acuto e il più importante, per noi, al fine di comprendere quanto il preconcetto la fa da padrone nella nostra vita.