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La grande lezione di “Siddharta” di Hermann Hesse

La grande lezione di “Siddharta” di Hermann Hesse

Vi è un testo, breve ma intenso, del grande poeta e scrittore Hermann Hesse a cui, nel 1946 fu conferito il premio Nobel per la Letteratura; il testo in questione è Siddharta.

Ambientato in un’epoca imprecisata, il racconto delinea il carattere e le vicissitudini di un uomo assetato di Verità. Egli viaggia molto alla ricerca della Verità e passa da esperienze di ritiro interiore ad altre di vita mondana.

 

Quando, ormai avanti negli anni il protagonista si ritira, col cuore in pace, sulle rive di un fiume con un suo anziano compagno di ricerca, gli rivela che sono tre le cose che egli ha imparato dalla vita: aspettare, digiunare, meditare.
Queste tre caratteristiche dovrebbero essere una meta ambita da ogni uomo, qualunque sia la sua nazione e il suo tempo.

ASPETTARE

Aspettare è sinonimo di pazienza. Non vi è nulla che non possa essere ottenuto da chi ha la pazienza di aspettare; aspettare il tempo giusto, le giuste condizioni.

Molto spesso si rovina una impresa lungamente preparata perché alla fine si perde la pazienza, e si accelerano di tempi del compimento. Paradossalmente sono più pazienti i vecchi dei giovani; dico paradossalmente perché dovrebbero essere più pazienti i giovani, avendo più tempo da vivere a disposizione.

Ciò è dovuto al fatto che la pazienza è frutto di lunghi anni di esperienze, ed è un requisito indispensabile per divenire saggi, assieme all’amore e alla conoscenza.
Ma saper aspettare non significa starsene con le mani in mano, in un atteggiamento passivo; esiste anche un’attesa attiva, ma senza tensioni.
Saper aspettare è un’arte, e come tale va coltivata vivendo molto e allenandosi a resistere: resistere alla voglia di parlare quando è meglio che taciamo, resistere ai dolori, alle avversità della sorte, alle abitudini meccaniche, ed altro. Imparando a resistere si acquista una forza interiore che ci rende saldi e costanti, in qualunque impresa.

DIGIUNARE

Sono immensi i benefici del digiuno. Per digiuno si intende la capacità di rinunciare, per un certo tempo a qualcosa, a qualunque cosa: al cibo, alle compagnie preferite, alle letture che amiamo, a tutto ciò che amiamo di più.

Non si può capire questa apparente assurda dichiarazione se non si comprende che l’attaccamento alle cose, ai cibi e alle persone ci rende schiavi e dipendenti, altre a limitare enormemente il nostro campo di esperienze.
L’attaccamento al cibo deriva dalla paura (oggi immotivata, almeno in occidente) di morire di fame; esso appartiene al nostro retaggio preistorico, quando non esisteva l’agricoltura e l’unico modo per sopravvivere era andare a caccia di grossi animali.

Il problema era che da cacciatori si poteva divenire preda, e si poteva non fare più ritorno alla propria grotta. Ma oggi le cose sono cambiate, il cibo sulle tavole degli occidentali abbonda, eppure l’atteggiamento quando ci si siede a tavola è quello degli affamati, sembra che non si mangia da mesi.

E’ inutile parlare dei danni causati dalla sovralimentazione, le rubriche dietetiche sono piene di frasi di allarme sui rischi di una eccessiva alimentazione.
Ma la cosa di cui si parla poco, perché poco compresa, è che il digiuno si può estendere a tutte le attività. Per esempio c’è gente che non riesce a stare da sola, deve per forza procurarsi la compagnia di qualcuno; chiunque va bene, purché gli faccia compagnia.

Ma questo rende una persona dipendente dagli altri, la rende vulnerabile, suscettibile di non essere in pace, appagata, quando è da sola. In verità non si è mai soli, ci fanno compagnia gli oggetti, gli animali, la natura, il cielo, la terra; solo che noi abbiamo solo la “visione” umana, siamo identificati con l’umanità, e vediamo tutto da esseri umani, non da coscienze libere di spaziare e di scegliere.
Oppure vi sono persone che non sanno stare un minuto senza parlare, sono terrorizzate dai silenzi. Il silenzio può essere dolcissimo ed aprire “varchi” verso una sensibilità più raffinata, più espansa; perché avere paura del silenzio?
Le cose da cui si può (e si deve) digiunare sono veramente tante; il punto chiave è che il digiuno disintossica, e se non ci si rende conto di quanto siamo intossicati da cibi, parole, rumori, tran tran a vuoto, ecc. e non si arriva al disgusto per tutti questi eccessi, non si avrà mai la voglia di digiunare.
Digiunare e saper aspettare sono strettamente correlati, digiunare è anche pazientare. Imparando a digiunare si rafforza la volontà e il fisico, le idee diventano più lucide e le emozioni più raffinate.

Della Meditazione stiamo già parlando da un po’ di tempo e ne parleremo ancora; perciò non possiamo che concludere dicendo: SEDERE IN SILENZIO, SENZA DISTRARSI E SENZA IDENTIFICARSI, E’ IL MODO PIU’ RAPIDO ED EFFICACE PER IMPARARE AD ASPETTARE, DIGIUNARE, MEDITARE.

 

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