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IL Pratyahara

Simile a fiamma che non vacilla in un luogo senza vento è lo yogi che ha dominato la mente e che si è unito al Sé.

( Bhagavad-gita 6,19)

Altri yogi ancora sacrificano nel fuoco dello Yoga, acceso dalla conoscenza e ottenuto con il dominio di tutte le funzioni dei sensi e delle energie vitali.

(Bhagavad-gita 4,27)

Attraverso il Pranayama si predispone la mente all’attenzione, essa cessa di essere continuamente distratta  e si ritira in se stessa: questo “ritiro” viene definito Pratyahara.

In tale stato i sensi non sono più attratti dagli oggetti esterni ma si interiorizzano. Per usare una metafora si possono paragonare i sensi introversi agli arti e alla testa della tartaruga che si ritirano nel guscio.

L’essere umano è ben allenato a svolgere questo processo, si può dire che gli sia connaturato; egli lo fa quando si dispone per addormentarsi. In modo naturale, quando si è stanchi o annoiati, si dissociano i sensi dagli oggetti esterni e ci si ritira in se stessi; solo che qualche istante dopo si sprofonda nell’incoscienza.
La differenza tra lo stato di “pre-sonno” e quello di Pratyahara è che nel secondo non si smette di essere coscienti anzi, al contrario, la mente diventa più attenta e concentrata (Dharana).
IL VIAGGIO DELL’ENTRONAUTA

Se il nostro vivere quotidiano è un viaggio nella vita esteriore, attraverso il Pratyahara si accede ad un altro tipo di “viaggio”: quello in se stessi.

Qualcuno ha definito col termine di Entronauti coloro che viaggiano in se stessi; questa è senz’altro una esperienza affascinante che ogni essere umano dovrebbe vivere.
E’ incredibile quanto sia alto il numero delle persone che non hanno nessuna sensibilità interna; ed ancora più incredibile è che non hanno nessuna voglia di “conoscersi” interiormente.

Anche se si sente spesso dire che ognuno di noi rappresenta un piccolo universo, la maggior parte delle persone pensa che si tratti di una semplice metafora, niente di più sbagliato; noi siamo veramente un piccolo universo. Esso può essere esplorato direttamente con una accresciuta sensibilità interiore; questo è possibile con lo Yoga.

Conoscere se stessi è il primo imperativo per l’essere umano; egli lo può fare mentre agisce nel mondo, ma anche quando non agisce e semplicemente “esiste”.
E’ molto interessante ed istruttivo osservare dall’interno il nostro corpo che “vive” senza le diretta interferenza delle volontà; vi sono tantissime funzioni che vengono svolte naturalmente dal corpo, senza che noi facciamo alcunché per tenerle attive, quanti di noi ci pensano?.
Chiudere gli occhi, sedendo tranquilli e attenti a ciò che succede al nostro interno è come entrare in una fabbrica in piena attività, una fabbrica con tanti reparti, meccanismi meravigliosi e centraline di comando; un mondo veramente affascinante nel quale è possibile sentire suoni, vibrazioni, luci, sensazioni, emozioni.
Qualcuno si è mai chiesto quale volontà fa funzionare la digestione, il respiro, il battito del cuore e mille altre funzioni?

C’è molto da scoprire dentro di sé ed è fuori da ogni dubbio che, conoscendosi meglio interiormente, si può meglio vivere anche nel mondo esteriore; comprendendo le leggi ed i meccanismi che ci governano comprenderemo anche quelle che governano il più vasto mondo che ci ospita, perché si tratta delle stesse leggi e degli stessi meccanismi, anche se su più vasta scala.

Prima di poter accedere a stati di coscienza più “sottili” è indispensabile conoscere quelli più grossolani, non giova a nessuno accettare una cosa per rifiutarne un’altra; la vita va vissuta totalmente, sia interiormente che esteriormente.

La realtà “materiale” è talmente affascinante che vale la pena di indagarla più a fondo, non solo attraverso i libri, ma anche direttamente, attraverso una sensibilità interiore accresciuta e raffinata.

Solo scendendo fin nel “cuore” della Materia potremo accedere alle vette dello Spirito, perché Spirito e Materia sono i due aspetti dell’Uno indivisibile.

 

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